Elegia V (La Disfatta della Gorgone)

Elegia V (La Disfatta della Gorgone)

Tu che sei lascito di Antigone,
madre di tutti i diritti
e presidio di ogni dovere
hai concesso la sovranità
ai tuoi figli, oggi schiavi
di un groviglio di serpenti.

Un uomo ti mise al vertice
di un triangolo ben congegnato
era un geometra, sì come quelli
che lo Stato avevan creato,
dietro di te solo la Gorgone
che pietrificava l’impulso di quanti
oltre lo sguardo osavano andare.
 
Ma la Gorgone è stata sconfitta
la sua testa, recisa dall’eroe
che la vide solo nei riflessi,
ora è simbolo del potere tracotante
nella mano della Palladea giustizia.
 
La figlia di Forco e di Ceto
ha lasciato dietro sé una maschera
che ha reso liberi gli attori
degni di averla indossata.
 
Già nascesti da tre teste
una verde una bianca e una rossa
nascesti sopra le montagne,
dentro le carceri e nei campi.
 
Sei giunta nel seno di una scelta
che espresse come dovevi terminare,
nella quale fu decisa quella forma
che avrebbe dovuto avere lo stivale.
 
Poi tanti furon gli uomini
che ti guidarono nello sviluppo,
così che tu potessi
render il dovuto omaggio
a quanti nelle battaglie
moriron con coraggio.
 
Democrazia e lavoro furono le ancelle
che ti aiutarono nel parto
da cui generasti dodici gemelli,
primogeniti e guide
degli altri fratelli.
 
Li uccidono, madre,
li strappano dal tuo ventre,
li strappano mentre li allatti,
non vogliono che diventino
più forti.
 
Quante violenze subisci,
ghermita da chi ti vuole vecchia
e ti ha già seppellito
sotto cumuli di ignoranza
e fango?
Quante malvagità
deve subire il tuo grande cuore
che pompa il sangue della liberazione?
 
La testa della Gorgone
può pietrificare ancora
anche se recisa, le sue perversioni
giacciono con le ombre
di quelli che furono uomini.
 
Atena guida l’eroe
armato del tuo splendente scudo,
che possa giungere ancora
e sconfiggere la testa
che generò Pegaso e Crisaore,
cosicché si fermino i serpenti
posti sul suo capo,
e la consegni a te
che ti batti, dea della saggezza,
affinché trionfi la giustizia.

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