Il loro gioco

Il loro gioco

Chi sono questi crani che mi spiano?
Che s’annida nei loro bulbi adunchi?
Le strade si coagulano, e mai
increduli mi offrono sorrisi,
ciechi! sullo stradario del collasso.

Dove andare,
se non dove loro mi raccomandano?

Marcia intanto la vita negli alvei
crivellati di paure. Appese
– e blu –
ai portoni tumefatti elemosinano
– amore –
le madri-pipistrello. Stride la morte.

Mi hanno avuto, alla fine, con quel
presagito, tetro colpo
alle spalle.

Nel serra serra inseminato rosso-nero
qualcuno mi ha chiesto assetato:
“Qual è il tuo gioco?”
“Non so dirvi, signore!
Datemi dollari e copeche a volontà
e né più mai mi sentirò perso:
incomincerò a credere nella mia mano”.

Divampano per autocombustione
gli uncini elefanteschi sopra nasi
cocainomani.
Gli stridii incalzano l’autocommiserazione.

Seccagni di centesimi, i fiumi
– al pari della mia anima in canna –
azzardano in circoli-buttatoio,
come dei noncuranti fumatori
in uno scalcinato sanatorio.

Ad ogni puntata,
in un cosmico raggiro,
– umanità! –
mi cavano, Tutti,
una goccia di troppo.

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