“Adesso è adesso e siamo ancora qui. Finché siamo vivi siamo immortali”.
(Philip Roth, sul suo letto d’ospedale, al suo biografo Blake Bailey)
Nell’ambito della manifestazione Primavera nelle Biblioteche, nel mese del Maggio dei Libri, si è tenuto presso la BAU (Biblioteca di Area Umanistica) dell’Università della Calabria (UNICAL), il 23 maggio alle ore 18,00, il primo dei due incontri in collaborazione con l’Associazione Nucleo Kubla Khan: La biografia di Philip Roth. Fatti veri e presunti di una vita letteraria, a cura di Giovanni Canadè.
Quella che segue è una breve sintesi dei temi discussi.
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Philip Roth. Una biografia (Einaudi, 2021) è un corposo studio del biografo ufficiale di Philip Roth, Blake Bailey, che indaga puntigliosamente sui fatti della vita di uno dei più grandi scrittori americani del Novecento (morto nel 2018), riannodando fila e trame che hanno costituito una intera vita dedicata alla narrativa, tra accuse di antisemitismo, misoginia, sessismo e difese a muso duro di chi non ritiene corretto trasformare la narrativa in pettegolezzo; dai precoci successi giovanili ai capolavori della maturità, dai premi conquistati a quelli mancati (uno su tutti, il Nobel per la Letteratura).
Il lavoro di Bailey arriva a conclusione nel 2021, tre anni dopo la morte dello scrittore di Newark. Un lavoro imponente, da attento archivista che non rinuncia però a una narrazione che sia il più possibile fluida e oggettiva.
Bailey viene ufficializzato da Roth come suo biografo dopo anni di prove disastrose da parte di altri autori chiamati a indagare sulla propria vita di successo e di polemiche. Il lavoro di Bailey, nelle intenzioni di Roth, era quello di porre in giusta prospettiva le sue opere e la sua vita: “Non cercare di riabilitarmi, rendimi semplicemente interessante” è l’esergo firmato da Roth: un consiglio, un obbligo al quale Blake Bailey si è attenuto con scrupolo, portando a termine un lavoro di quasi mille pagine che è diventato già un punto di riferimento imprescindibile per chi voglia conoscere le condizioni che hanno costruito quei romanzi straordinari iniziati nel 1959 con Goodbye, Columbus e terminati nel 2009 con Nemesi. Nel mezzo, una vita normale che diventa a più riprese oggetto da cui attingere, spesso con cognizione, spesso per istinto naturale da vero scrittore, un artista devoto alla scrittura, alla forma del romanzo; un artista della frase, che ha iniziato la sua carriera ispirandosi ai suoi maestri Henry James e Gustave Flaubert, per poi scoprire Kafka e la sua comicità.
La mistificazione della realtà operata da Philip Roth nei suoi romanzi è sopraffina, da immenso intellettuale che però ha sempre rifiutato ogni discorso teorico per ribadire la sua americanità vitalistica e diventare, dopo averlo ricercato specialmente in Saul Bellow, il padre americano di una narrativa che ha segnato l’ultima metà del novecento e i primi anni del duemila e che ancora oggi ci insegna molto sulla vita, la morte, il sesso e sulla potenza di una vita che non ha bisogno di accontentarsi di vecchie formule metafisiche consolatorie.
L’ateo umanista Roth ci dice che la vita, semplicemente, accade.