Eccola, la spina che morde il calcagno.
Tra bocca e ano, c’è la miseria.
Ingravido la via lattea
con lo splendore dei ponti,
traccio rotte cosmiche
per raggiungermi l’ombelico.
E bellezza, tu coagulata
sui litorali del male,
sei pretesto per sperare che
Dio non sia cannibale.
Non temere, amica mia,
perché temere è degli stupidi;
sappi che quest’epoca di mercato
sta svendendo i tuoi occhi
al macello delle carni tenere.