Marianne | Elena Giorgiana Mirabelli

Marianne | Elena Giorgiana Mirabelli

mattina

Annette entra, scosta le tende di velluto verde, la luce allaga la stanza, lambisce la coperta, illumina il viso di Marianne che pare essersi rimpicciolita.

Annette ha grandi occhi scuri e la pelle sottile e le guance rosse per la couperose.

Lei e Marianne hanno la stessa età, la stessa altezza, hanno anche gli stessi occhi scuri. Ma Annette

ogni mattina, posa sul tavolino di legno scuro il vassoio della colazione, scosta le tende e lascia che la luce filtri attraverso i tessuti, Marianne, invece, è la persona immobile nel letto.

«Ricorda l’appuntamento di oggi?»

Si volta verso Annette, la fissa di spalle.

«Sono curiosa – poi dice – a Vienna non si parla che di lui».

Marianne, ora, è davanti il grande specchio della toilette. Annette è alle sue spalle, le spazzola i capelli. Non parlano del Consigliere, il padre di Marianne.

«Ricordi i miei capelli?»

Annette finge di non aver sentito.

Da quando il cuore del Consigliere si è indebolito, i capelli di Marianne sono diventati aridi e stopposi. Il suo viso è stropicciato. La sua pelle, la sua pelle non è più candida.

Marianne ogni giorno deterge il padre con un panno di cotone umido, friziona la pelle dall’odore leggermente acre con olio di mandorle dolci. Il Consigliere, il Consigliere respira.

pomeriggio

Marianne indossa il vestito blu e rosa pallido. Le sembra possa renderla bella.

Attende l’arrivo di Fridolin.

«Lei è stanca».

Fridolin ha appena visitato il Consigliere. Come ogni giorno. E come ogni giorno si ferma per il tè.

«Sì. Ma non è importante».

«Vuole che le prescriva qualcosa?»

«No, a me basta chiacchierare con lei».

Marianne si guarda la punta delle scarpette, stropiccia il fazzoletto fra le mani.

L’aria della casa è cupa, satura, sa di urina, di malattia.

Fridolin la fissa.

Lei continua a stropicciare il fazzoletto.

«È meglio che io vada».

Lei si alza di scatto, ha il viso rosso, il fazzoletto è strappato in un angolo.

prima del tramonto

Annette è in cucina a preparare la cena quando la persona che Marianne sta attendendo fin dal mattino tira il cordone del campanello.

È eccitata all’idea di vedere l’uomo di cui tutti parlano.

Sigmund Freud la guarda mentre Annette riesce solo a dire: «La signorina la attende».

Indossa un vestito di buona fattura grigio, ha l’orologio nel panciotto e un sigaro che spunta dal taschino. Non ha ancora parlato.

Marianne è in salotto. L’aria è satura di odori – medicinali, petrolio per lampade, mandorle dolci, odori di cucina, della minestra calda che Annette sta preparando, odore di urina, di malattia.

«Sono felice che lei sia qui».

Le hanno detto che Freud intuisce cosa pensi, conosce i desideri più nascosti e adora mettere in imbarazzo i propri interlocutori.

Nasconde come può le mani che sa essere rovinate.

«Mi hanno parlato di lei, delle sue capacità».

«Potrei chiederle perché non riesce a guardarmi negli occhi quando parla?»

Marianne sente un muscolo della guancia irrigidirsi, una smorfia le sta sformando il viso. Non può impedirlo.

«Da quanto tempo le capita?»

Da quando mio padre riempie di lamenti e di questo odore dolciastro la casa le tende i tessuti, anche i miei vestiti e i miei capelli e sì ne soffro sì ne soffro ma se sta male posso avere qui Fridolin e Fridolin ha queste mani pulite e sottili e profuma Fridolin ed è bello Fridolin è così gentile e sì lo so che Roediger mi ama e che sarò moglie e sarò madre e sarò quello che lui vorrà ma io voglio solo che Fridolin mi veda che mi parli e che mi tocchi mentre mio padre si consuma e più si consuma più Fridolin sarà qui e posso vederlo e posso fare ciò che voglio.

Le labbra di Marianne si muovono febbrili. Freud sente solo un sibilo.

Lascia il sigaro sul bordo del tavolino e le si avvicina per studiarne più da vicino il viso. È contratto, irrigidito, gli occhi ancora più grandi.

«Marianne, lei è cosciente».

dopo il tramonto

Marianne è nella stanza del Consigliere.

Il vassoio delle vivande è sul tavolino di noce, lei, lentamente, accosta la poltrona al letto.

Avvicina il cucchiaio di minestra alle labbra rinsecchite, suo padre fa fatica. Della minestra cade fin sotto il mento, lei è pronta con un piccolo panno di cotone bianco.

Crede di vederlo sorridere. Il sorriso diventa una smorfia. Un sussulto. Il braccio del Consigliere che urta il suo. Il vassoio rovina a terra. Marianne non si muove, serra ancor di più le labbra. Sente il viso irrigidirsi.

Quando Annette arriva, tutto è già accaduto.

Il Consigliere ha il volto contratto, Marianne è immobile.

Annette le accarezza i capelli con tenerezza, sa che Marianne sta per tornare.

marianne

Annette aiuta Marianne a vestirsi. La costringe a parlare, chiede come possa esserle d’aiuto.

Per terra, un fazzoletto coi lati strappati.

«Annette, ti prego, fa’ che Fridolin venga qui. Per l’ultima volta».

«E il dottor Roediger?»

«Lo informerai dopo».

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