Settembre

Settembre

“nessuno può capire un porto

se non sa il mare che cos’è”

PFM, Ulisse

La birreria chiudeva presto in genere e d’estate teneva i tavolini fuori e in molti si fermavano sotto le tende anche se di sera non se ne sentiva il bisogno. Uno dopo l’altro, il ragazzo al bancone continuava a pulire boccali. Davanti a lui un signore distinto dai capelli neri, vestito di cotone mostrava una fotografia a un giovanotto in jeans e maglietta scollata che sudava profusamente e si passava spesso un tovagliolo sulla fronte. Non si conoscevano se non per come diventano amici in quei posti due che non si sono mai visti.
«Vedi,» diceva il signore distinto, «questa è una nostra foto, scattata ad Anversa.»
Il giovane guardava l’immagine con filtro seppia. Ritraeva una stradina costeggiata da edifici vecchi e due persone canute, di schiena, sedute su una panchina affacciata su un fiume spalla contro spalla. Sull’altra sponda s’intravedevano delle strutture più moderne, alte e con grandi vetrate.
«Vuoi bere qualcosa?»
Il ragazzo fece cenno di sì con la testa e lui chiese una birra belga per entrambi, “tripelcarmeliè” fu quel che capì il giovanotto. Il barista prese un boccale e iniziò a spillare le birre, con la stessa cadenza immutabile con cui la gente sgorgava dal corso, consumava e tornava a passeggiare. Di tanto si bloccava e con una spatola toglieva la schiuma dalla cima del bicchiere e allora anche le persone sembravano interrompersi, almeno questa era l’impressione che aveva il ragazzo.
I due brindarono e il signore distinto disse sottovoce che non era quello il modo di spillare una birra. Le bollicine risalivano dal fondo del boccale e il signore le osservava come se le stesse contando una ad una. Poi portò il bicchiere alla bocca, scosse la testa e si rimise a guardarlo. Il ragazzo bevve e la birra era alcolica, buona e fresca ma sentì un senso di delusione risalirgli dal torace.
Non proferirono più parola per qualche minuto, il giovanotto bevve molto lentamente per non finire troppo presto rispetto al signore distinto. Lui non lo sapeva ma il signore andava sempre in quel locale e raccontava storie di viaggi e offriva da bere a chi lo ascoltava. Era il vecchio proprietario e lo gestiva insieme alla moglie e quando lei era morta lo aveva venduto al locatore dell’immobile in cui stava la birreria che era un imprenditore della città e possedeva molti pub e ristoranti. Non riusciva più a pagargli l’affitto.
Lui e la moglie erano stati quasi dappertutto, negli Stati Uniti, in Germania, in Belgio, in Francia, a Cuba, in Giappone, in Irlanda, in Gran Bretagna, in Scozia, in Cecoslovacchia e avevano provato molte birre e ne avevano scelte alcune per aprire una birreria e continuare a sentirsi parte di quel viaggio senza fine.
E poi lei era morta. Così, in un attimo, e non c’era più e nel locale non c’erano più tutte le birre che avevano bevuto assieme. Non preoccuparti lo gestirò bene, gli aveva assicurato l’imprenditore mentre metteva i tavolini fuori dal locale, gli stessi che lei non aveva mai voluto perché una birreria erano le pareti, l’inclinarsi della spillatrice e le persone e il vociare e il sentirsi sempre parte di qualcosa capace di prendersi il suo tempo. E con gli occhi lucidi lui adesso lo stava raccontando al giovanotto.
Poi si alzò, pagò e andò via.
Il giovanotto restò seduto qualche altro minuto e continuò a sudare. Faceva molto caldo per essere sera. Chiese un’altra birra in cui cercare conforto dall’afa, una diversa, che non gli piacque. Il locale intanto era rimasto vuoto, solo ancora, qualcuno indugiava ai tavolini e poche birre venivano spillate e troppa schiuma sprecata.
Finito il boccale, pagò e uscì. La Luna tramontava tra i palazzi, la croce di una farmacia risplendeva indicando l’ora e il giorno e i semafori erano coperti da un alone vago. Dentro un’auto in attesa del verde, una ragazza appoggiava la testa al finestrino e il vetro s’appannava con il suo respiro e su quella patina si leggevano storie di dita intrecciate. Le ferie erano terminate senza mai essere davvero iniziate e il lunedì bisognava tornare in ufficio.
Il giovanotto sentiva sfuggirgli il senso della delusione, della Luna, della croce e del respiro. Soprattutto gli sfuggiva il senso di una foto scattata a due anziani di spalle su una panchina.

 

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